Pernosano

Pernosano di Pago del Vallo di Lauro

Il Vallo di Lauro si colloca a sud-est dell’ager nolanus, una delle zone più ricche già della Campania Felix. Pago è un piccolo paese del Vallo situato ai piedi del Monte Dinico. Pur non avendo annotazioni circa la relativa origine, si ipotizza che il nome derivi da Pagus latino civi, conclamando Pago come l’ufficio del Vallo per la riscossione delle tasse religiose. Le più antiche notizie di questo piccolo borgo agricolo, risalgono all’epoca romana di cui si conservano testimonianze archeologich nelle contrade di S. Pietro Montedonico e Pernosano. Sviluppatosi nel periodo medievale, il paese fu feudo dei Signori di Lauro; nel sec. XV passò nelle mani di Andrea de Capua e nel XVI divenne un podere dei nobili Cutillo. Nel 1797 ebbero inizio distruzioni e saccheggi che si protrassero fino al 1860, prima causate dalle truppe francesi e poi dall’esercito borbonico.

Chiesa di Santa Maria Assunta in Pernosano di Pago del Vallo di Lauro

Oggetto di intervento di restauro sistematico per la Soprintendenza BAPPSAD di Salerno e Avellino, la Chiesa di Santa Maria Assunta di Pernosano è esempio, dal 1996, di "Cantiere della Conoscenza", aperto cioè alla divulgazione in itinere delle delicate fasi operative. Sorta su di un sito pagano, probabilmente un tempio dedicato ad Augusto, la chiesa è citata per la prima volta in un documento del 1195 in cui si fa risalire la sua costruzione a Landolfo I, principe di Capua e Benevento dal 910 al 943.  La chiesa, poi, è ancora citata nelle Rationes Decimarum Italiae  degli anni 1308-1310 la ed in quelle del 1324. Ulteriori notizie si ricavano dai documenti dell’Archivio Storico-Diocesano di Nola, dove sono conservati i verbali delle visite pastorali. Nella Santa Visita del 1591 fatta dal Vescovo Mons. Fabrizio Gallo, si apprende che la chiesa versava in uno stato di trascuratezza e la grande umidità dell’edificio rendeva impossibile la celebrazione delle funzioni. La notizia che la chiesa non fosse in buone condizioni è confermata anche dalla lettura della Santa Visita Generale dell’anno 1615 del Vescovo Giovan Battista Lancellotti. A causa del progressivo interramento della struttura e della grande umidità, nel 1655, dunque, fu costruita una nuova chiesa sui resti della precedente riutilizzata in parte come ossario. Nel 1747 l’abate Gianstefano Remondini  nella Della Nolana Ecclesiastica Storia così descrive la piccola chiesa  «…e per dir vero sotto alla presente parrocchiale Chiesa di S. Maria volgarmente dè Carpinelli appellata è un antichissimo tempio, dalle rovine del quale son state tratte fra l’altre le sei colonne di marmo, che riposte veggonsi sugli altari della nuova Chiesa con molte ben intagliate lapide parimente di marmo…» .

 

La chiesa superiore edificata nella prima metà del XVII secolo, però, subì radicali interventi nel XVIII e XIX secolo e in particolare nel 1923 e 1938 ad opera del parroco Carmine Rega. IL Rega, infatti, pose rimedio ai danni provocati dall’eruzione del vesuvio del 1908 e del sisma del 1931, con opere che modificarono profondamente la chiesa di “Santa Maria de’ Carpinelli”, descritta dal Remondini. Una prima trasformazione fu costituita dalla variazione della quota d’imposta originaria del pavimento, aumentata di circa 75 cm.  Per necessità di adeguamento sismico, inoltre, la cantoria fu ricostruita con strutture in cemento armato e decorata,  così come l’altare maggiore, con motivi liberty  per l’adattamento ai nuovi gusti estetici, mentre le prime cappelle laterali furono tompagnate e sostituite da due nicchie ricavate nello spessore murario. Il nuovo apparato di stucchi, pertanto, nascose definitivamente gli elementi lapidei di spoglio che decoravano l’arco trionfale e le due cappelle ai suoi lati. Solo dopo il  terremoto del 23 novembre 1980,  avendo il complesso  subito gravi danni alla copertura e alle strutture murarie portanti, furono riportate alla luce le antiche colonne e, dopo un consolidamento ed una indagine preliminare si  passò a scoprire l’interessante chiesa sotterranea.

 

La configurazione planimetrica della chiesa altomedievale si basa su una complessa matrice geometrica richiamata dall'intreccio dei cerchi del velario dell'abside centrale che mostra, sui due registri superstiti, soggetti zoomorfi  tipici delle stoffe irano-sassanidi. Gli affreschi che un tempo impreziosivano l'edificio sacro, se pur frammentari, costituiscono, invece, una fonte preziosa per ricostruire le fasi di vita della chiesa in quanto il sito è collocato sulla linea di confine contesa tra il principato longobardo di Benevento, quello di Salerno ed il ducato bizantino di Napoli e, pertanto, in un'area soggetta ad alterne influenze socio-culturali, preannunciando soluzioni stilistiche dell'ambiente romano e stabilendo punti di contatto con i cicli pittorici di Cimitile, Capua e delle catacombe di San Gennaro a Napoli. Il rinvenimento di affreschi raffiguranti i santi della Chiesa nolana, inoltre, costituisce la più antica iconografia dei tre pastori della Diocesi: S. Felice Martire, ricordato come primo vescovo dai nolani,  S. Massimo, secondo vescovo di Nola  e  S. Paolino.

I frammenti lapidei rinvenuti, invece, sono costituiti sia da materiale di spoglio di età romana (frammenti di trabeazione) sia materiale altomedievale: pilastrini, transenne, plutei e capitelli, stilisticamente vicini alla produzione figurativa che si ritrova in altre aree culturali dell'Italia centro meridionale, molto diffusa in Campania fra IX e X secolo; se ne ritrovano esempi, infatti, in Sant'Aspreno e S. Restituta a Napoli, nel protiro di San Felice in Pincis e dei SS. Martiri a Cimitile. I frammenti di pilastrini esibiscono un repertorio figurativo familiare ai lapicidi altomedievali: tralci di vite con andamento sinusoidale e con decorazioni vegetali centrali, combinate talvolta con uccelli. Significativi il pluteo con ippogrifi che affrontano un toro, conservato presso il Seminario Vescovile di Nola, e quello conservato nel Castello di Lauro, la cui provenienza è attribuita al sito di Pernosano, raffigurante l'albero della vita con ai lati due cervi.